Oggi il mercato dei servizi di innovazione in Italia, ossia delle prestazioni che vengono fornite per supportare la crescita delle imprese, vale circa 2 miliardi di euro e salirà ad oltre 4 miliardi nel 2027 con un incremento del 68%. Parallelamente nello stesso quinquennio le start-up cresceranno dalle attuali 15.500 a 23mila.
Queste stime derivano dal primo rapporto in Italia sul ‘Mercato dei Servizi professionali per Open Innovation e Start-Up’ presentato a Roma dalla Fondazione R&I (Ricerca e Imprenditorialità) e realizzato da Srm Studi e Ricerche (Gruppo Intesa SanPaolo).
Così ne ha parlato Massimo Bitonci, sottosegretario al Ministero delle Imprese e del Made in Italy:
“L’innovazione è un tema centrale per il Governo e le start-up rappresentano un perno importantissimo. La riforma degli incentivi per le imprese servirà a dare certezze normative e razionalizzare il numero di incentivi regionali e nazionali, ma soprattutto in questo modo raggiungeremo gli obiettivi che ci siamo posti come la ricerca e lo sviluppo, la formazione, l’industria 4.0 e anche l’innovazione e le Start-Up, fondamentali per la crescita del nostro Paese”.
Giulia Pastorella, deputata e componente della IX Commissione della Camera, ha lanciato 4 principi per far crescere l’innovazione in Italia:
“Semplificazione, adattamento alle nuove sfide, individuazione di obiettivi specifici e non aver paura di attrarre capitale umano straniero. E sui cervelli in fuga non bastano le detrazioni fiscali per farli tornare ma serve creare percorsi adeguati quando ancora sono nel nostro Paese“.
Secondo il rapporto al 2020 la spesa in ricerca e sviluppo in Italia è complessivamente pari a circa l’1,6% del Pil, inferiore al 2,3% della media Ue, ed è sostenuta essenzialmente dalle imprese private. La spesa più rilevante si colloca nella ricerca applicata e nello sviluppo sperimentale, soprattutto grazie alle imprese, ma anche ai centri di ricerca pubblici non universitari. La ricerca di base, che rappresenta poco più di un quinto della spesa totale, è condotta principalmente dalle università, che ne rappresentano il 58,3% del totale.
Queste invece le parole di Gregorio De Felice, presidente Consiglio di Sorveglianza FR&I:
“Le sfide che il sistema manifatturiero italiano dovrà affrontare sono di grande rilevanza nel campo della transizione climatica, della digitalizzazione e della difesa l’impegno per investimenti aggiuntivi, a livello europeo, è stimato oltre i 500 miliardi di euro all’anno. Per l’Italia è plausibile un valore nell’ordine dei 60 miliardi annui. Importi così elevati richiedono competenze elevate e servizi alle imprese. La Fondazione si propone di offrire le proprie capacità avvalendosi delle esperienze dei propri soci fondatori”.
Riccardo Varaldo, presidente del Consiglio di Gestione FR&I ha ricordato che l’obiettivo della Fondazione è quello di creare impresa tramite la ricerca con un trasferimento tecnologico mirato:
“L’Italia come produzione scientifica è al quinto posto nel mondo mentre dal punto di vista della brevettazione e innovazione è oltre la 30esima posizione. Ciò vuol dire che siamo ottimi produttori di conoscenza scientifica ma non sappiamo mettere a frutto ciò che produciamo. La Fondazione è nata con questa missione che continua a perseguire con grande convinzione”.
Il Rapporto è stato illustrato da Salvio Capasso, responsabile Servizio Imprese & Territorio di Srm Studi e Ricerche ed è stato poi discusso nel corso di una tavola rotonda a cui hanno partecipato Marco Frey prorettore alla Terza Missione e al trasferimento tecnologico Università Sant’Anna e presidente Gcni, Luca Felletti senior director Finanziamenti Agevolati Gruppo Intesa Sanpaolo, Marco Grazioli presidente The European House-Ambrosetti, e Giorgio Ventre direttore scientifico Apple Developer Academy.
Così spiega Antonio Perfetti, consigliere delegato di FR&I:
“Per la prima volta in Italia abbiamo tentato di valutare il valore del mercato dei servizi offerti al mondo dell’innovazione. Quanto emerge è sorprendente perché rappresenta una cifra considerevole per un mercato giovane ma con enormi potenzialità di crescita. In Italia il valore delle imprese che fanno Open Innovation, ossia collaborano tra loro, è alto ma in percentuale sul totale siamo uno dei paesi più deboli. Il rapporto però mette in luce come le cose stiano velocemente cambiando e come questo mercato nel prossimo futuro possa davvero emergere”.