A Modena si conclude uno splendido festival dedicato al nuovo rapporto tra “uomo”, l’“umano”, e l’innovazione.
Lo Smart Life Festival di quest’anno è dedicato all’”umanesimo 5.0″: più di 80 appuntamenti, installazioni, talk e dibattiti, per indagare il rapporto tra uomo e macchina, arte e tecnologia, reale e artificiale, discutendo con esperti di nuove tecnologie, imprenditori e rappresentanti del mondo economico, operatori della sanità, insegnanti e pedagogisti e artisti.
Umanesimo 5.0 è in linea con gli appuntamenti che abbiamo seguito in queste settimane, centrati su un nuovo approccio ecosistemico al digitale, orientato al “dove andiamo”, e all’idea che al centro dello sviluppo ci sono le comunità e le persone che la animano.
Tra i temi oltre alle nuove frontiere della convergenza tra modelli di sviluppo, transizioni, digitale, metaverso e scienza, si è parlato di professioni 5.0, in un talk organizzato dal Comitato Unitario della Professioni nell’ambito del Festival nel collegio San Carlo di Modena dal titolo “La sfida delle Libere Professioni nella società 5.0: l’Innovazione tecnologica come strumento per il benessere umano e ambientale.” Molto interessante il metodo e soprattutto il messaggio: il digitale cambia non solo il mondo e la cultura, lavoro compreso, ma impone un ripensamento positivo del modo di lavorare di tutti. E dal nuovo mondo che richiede nuove governance e nuove competenze emerge la necessità di nuove visioni, che riguardano tutti gli state Holder la comunità. Gli architetti devono occuparsi di domotica e disabilità pensando all’autonomia, che è sinonimo di libertà, cosi come i commercialisti devono affrontare il tema della digitalizzazione, o i giornalisti quello delle Intelligenza artificiale in Redazione e al nuovo rapporto con i giornalisti. Insomma nessuno escluso. Naturalmente ci sono importanti questioni di certificazioni e di governance in questo processo, ma da Modena sembra che ci sia l’intenzione di ragionare in termini olistici e di non ridurre la transizione ad una questione burocratica. Per fare questo servono competenze per favorire la cooperazione tra l’uomo e la macchina, qualsiasi forma essa assuma, sia quella di un robot o quella di una rete neurale dotata di sistemi di apprendimento.
Se si vuole puntare a modelli sostenibili allora bisogna ripensare il sistema nel suo complesso. Il concetto è sempre lo stesso: cos’è l’innovazione e cosa serve. Perché facciamo innovazione, a vantaggio di chi. Come misuriamo gli effetti delle cose che facciamo, quello che gli addetti ai lavori chiamano impatto generato.
Per modificare in maniera significativa la logica della compensazione serve cambiare i modelli di sviluppo, archiviando l’idea che si debba crescere a tutti i costi. Un caso molto interessante è quello dei bilanci delle aziende, profit e non profit, e la nuova sensibilità che si sviluppa intorno al tema da parte degli ordini professionali. Vale per i bilanci sociali e per quelli di sostenibilità, e in genere per tute le compliance volontarie che hanno un alto potere di engagement tra brand e clienti, si pensi al tema della tracciabilità in agricoltura o alle certificazioni bio. Altro caso, ugualmente interessante, la nuova attenzione alla disabilità e alla domotica che riguarda gli architetti. Anche loro sempre più SMARTT e 5.0.
Prossimo appuntamento a metà Ottobre sempre a Modena, al salone del Learning, altra grande frontiera del nuovo mondo del digitale.