La pensione è uno dei primi e più importanti strumenti di welfare e pur essendo i costi sul bilancio pubblico ormai insostenibili, gli italiani desiderano comunque andare in pensione prima.
Di recente la Ministra del Lavoro, Martina Calderone, ha dato il via ai primi incontri con i sindacati per superare almeno in parte la tanto (ingiustamente) odiata Legge Fornero, ma le prospettive non restano delle più rosee.
La richiesta di Cgil, Cisl e Uil è nota e prevede una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni senza penalizzazioni esplicite (oltre quella implicita che si ha versando meno contributi e prendendo l’assegno per più tempo). Ma non solo: nella riforma bisognerà prestare attenzione ai giovani con una pensione di garanzia e l’uscita con 41 anni di contributi senza limiti di età. Richieste ai limiti dell’incoscienza in un paese che invecchia sempre di più e schiacciato dal debito pubblico. Il Governo infatti difficilmente permetterà pensionamenti anticipati rispetto ai 67 anni, se non con notevoli penalizzazioni.
Un altro tema caldo sul tavolo sarà la separazione tra previdenza ed assistenza, infatti, come sottolineato da Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, l’assistenza costa oltre 144 miliardi e che questa spesa è sostanzialmente raddoppiata dal 2008 senza che si sia ridotta la povertà (che è aumentata soprattutto nelle età non anziane). Ancora, si esprime con durezza anche sul proposito di Forza Italia di alzare a 1000 euro al mese le pensioni minime, una spesa che sarebbe del tutto insostenibile per le casse dell’INPS e disincentiverebbe il versamento di contributi.
In ogni caso l’attuale Legge di Bilancio non cancella né modifica la Legge Fornero che continuerà ad essere in vigore anche dopo il 31 dicembre 2022. Chi deve andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi può, quindi, stare tranquillo. Le modifiche apportata in campo previdenziale non impediranno questo tipo di pensionamento in alcun modo. Resta in vigore anche Quota 103 che permette di andare in pensione con 62 anni di età e 41 di contributi.
Depotenziata giustamente invece Opzione Donna, accessibile ormai solo dai 60 anni di età e solo per una platea molto ristretta di lavoratrici, ovvero caregiver, licenziate o invalide. Per costoro è poi possibile abbassare fino a 58 anni la soglia di età se madri di 2 figli.
Infine, da ricordare che nel 2023 sarà confermata l’Ape sociale che, con gli attuali requisiti, potrà essere utilizzata dai lavoratori in particolare difficoltà, come disoccupati di lungo corso, caregiver o invalidi civili. L’Ape sociale, ricordiamo, è una misura che richiede 63 anni di età ed almeno 30 anni di contributi.