Non sappiamo che lavoro faranno i ragazzi che oggi frequentano le scuole elementari, o come lavoreranno. Si calcola che la maggior parte dei “mestieri” del futuro oggi ancora non esistono, e che nel corso della propria carriera scolastica gli studenti di oggi vedranno cose che oggi ancora non si conoscono.
Inoltre si studierà per tutta la vita, perché l’innovazione e il digitale vanno veloci e con la stessa velocità le competenze diventano obsolete, quindi da aggiornare con nuova conoscenza, integrando quello che di nuovo arriva dalla ricerca e dalla tecnologia, in scenari nuovi e radicalmente differenti da quelli di oggi.
Il digitale è un acceleratore straordinario del processo di cambiamento, effetti collaterali compresi: aumenta le potenzialità tecniche e scientifiche a disposizione delle persone, ma presuppone livelli di formazione adeguati.
La transizione al nuovo ambiente digitale non è una passeggiata né un pasto gratis. Se l’accrescimento diffuso della conoscenza ha profondamente caratterizzato il 900, oggi sulla conoscenza e sulla competenza si gioca buona parte della competizione tra le persone e tra le organizzazioni. E sulle competenze si disegnano nuove disuguaglianze sociali ed economiche, a livellolocale e globale.
La scuola e la formazione, in Italia ma non in generale un po ovunque, fa i conti con l’esplosione della quantità di informazione disponibile che aumenta esponenzialmente: non solo il progredire della scienza rende vecchie e superate le conoscenze acquisite, ma aumenta la disponibilità di dati e di informazioni. Ne consegue che oggi diventa più difficile capire quale informazione sia rilevante ed importante, e che il tempo per elaborare le informazioni e delle esperienze non sia sufficiente.
Le tecnologie digitali da sole accrescono il volume di informazioni e di dati ma non producono automaticamente l’estensione del sapere sociale. Capita piuttosto il contrario: generare un contesto in cui diventa decisiva la questione relativa alle disuguaglianze nel campo dell’istruzione e della formazione, ragionando sull’intero arco educativo e formativo che va dal periodo 0-6 anni fino all’educazione degli adulti e alla formazione permanente.
La fondazione Rocca e l’associazione Trellle hanno pubblicato da poco a dieci anni dalla prima edizione del 2012, uno studio in cui vengono mese a confronto le strutture e le performance della scuola italiana con gli altri Paesi OCSE. Lo studio consente di confrontare i paesi tra loro e soprattutto di fare il punto su come è cambiata la situazione nel nostro paese nell’arco dei due lustri.
Dallo studio fatto su indicatori statistici e 70 parametri (il report sul sito http://www.treellle.org info su https://numeridacambiare.it/ ) emerge che in questi ultimi dieci anni non è cambiato quasi nulla nella nostra scuola, nonostante si siano avvicendati una decina di ministri, ognuno dei quali è restato in carica in media un anno. In estrema sintesi, la Scuola oggi non riesce ad agire come ascensore sociale e il divario Nord-Sud si accentua. Emerge la consapevolezza che è necessario e urgente individuare modalità concrete di revisione del “Sistema Istruzione” oggi sempre di più una priorità nazionale. E che sia necessario ripensare il mondo della scuola e della formazione secondo un approccio che tiene assieme l’intero sistema dell’educazione in Italia, compresa la formazione professionale e la formazione continua, che nel contesto di oggi sono le uniche risorse per garantire l’aggiornamento delle conoscenze necessario a stare nel contemporaneo che cambia a gran velocità.
Ragionare in termini di education consente di pensare ad un ciclo di vita della conoscenza e della competenze che è naturalmente più breve di come era nel secolo scorso, quando quello che si imparava a scuola durava per tutta la vita lavorativa.
Se oggi le persone cambiano nell’arco della loro carriera professionale e lavorativa mestiere o modo di lavorare in media ogni dieci anni allora bisogna avere gli strumenti per farlo. Quindi la partita si gioca su tutto il “sistema” educativo e formativo, che va tenuto assieme e dotato delle risorse necessarie a essere “efficiente” ed “efficace”.
Le transizioni digitali e green accentuano la carenza delle competenze di cui sono in possesso le persone. Oggi il tema delle risorse umane e delle competenze è all’ordine del giorno nel mondo delle imprese. La formazione, l’upskilling e il re-skilling delle risorse umane che compone un organico aziendale viene considerato un elemento essenziale per la competitività e lo sviluppo delle organizzazioni. Lo stesso vale per il cosiddetto talent retention, viste le difficoltà che le aziende incontrano nel reclutare nuove risorse e viste le nuove tendenze che cambiano il mercato del lavoro alla radice. Il vantaggio competitivo per le aziende oggi consiste nella capacità di reclutare formare e trattenere risorse umane.
P.S. Luo Hauzhong è il trentunenne cinese che è passato all’onore delle cronache per aver lasciato il suo lavoro di operaio per viaggiare in bicicletta per la Cina. “lying flat justice” (sdraiarsi è giustizia) è il titolo del suo post che diventa virale, e da cui il neologismo di tendenza in Cina “tangping”, che significa “stare sdraiati”, versione cinese di “couch generation”. YOLO, grandi dimissioni, touch generatioin: il mercato del lavoro sta mutando nella sua struttura. Non si tratta peròsolo di grande rifiuto, citando il Marcuse del 1968, quanto piuttosto di disillusione. Forse manca ottimismo e fiducia nel futuro. Sdraiato però non significa “fare niente”, o stare seduto sparapanzato sul divano. Significa anche studiare, dedicare tempo alla famiglia, prendersi una pausa, per poi ricominciare. Studiare e formarsi, appunto…