Se chiedete a cento studenti svedesi come immaginano il loro futuro nel mondo del lavoro la metà di questi indicheranno un lavoro manuale. Se fate lo stesso test con un gruppo di italiani solo un terzo di questi si pensa in una occupazione artigianale. Il mercato del lavoro svedese è composto per meta da lavori intellettuali e meta da lavori manuali, quello italiano per due terzi da manifattura e un terzo da lavori intellettuali. Manca conclude lo studio, un percorso efficace di orientamento, basato su osservazione e capacità di condividere dati e tendenza, tema che oggi va molto “di moda”, finalmente, anche in Italia.
A Milano, durante la due giorni di “Transition4Alll” organizzata da Fondazione Triulza allo Human Technopole abbiamo visto un esperimento di cv gamificato. Si chiama C-VR, un progetto di Umana, agenzia del lavoro molto nota in Italia, rivolto in particolare ai ragazzi della GenZ.
C-VR è il nuovo progetto formativo e di orientamento al lavoro fatto con la realtà virtuale lanciato ufficialmente a Verona in occasione del Job e Orienta del novembre dello scorso anno. Costruire il proprio cv diventa una esperienza, immersiva e gamificata, come si usa oggi, con tanti di occhialino per la relata virtuale e un assistente, anche lui virtuale, che guida i ragazzi alla scoperta dei segreti del CV perfetto.
C-VR è uno strumento di orientamento e di formazione che utilizza le modalità del gioco, e che a giudicare dall’affollamento degli stand piace molto ai ragazzi, alla famosa GenZ che oggi rappresenta il target più ambito di tutte le aziende in tutti i settori.
C-VR è l’esempio evidente di come evolve non solo il mondo del lavoro, ma anche il concetto stesso del lavoro, ed è la dimostrazione più evidente di come stiano cambiando i rapporti di forza all’interno del mercato del lavoro tra azienda e lavoratore, complice la transizione demografica e una nuovo sistema di attribuire senso e valore a quello che si fa.
Un’indagine di Randstadt rivela che un lavoratore su due oggi pensa che il Work Life Balance sia il primo requisito che il lavorio debba avere, e fa di conseguenza le sue scelte tra le diverse opportunità. E non si tratta di fare parte della generazione degli sdraiati o dei fannulloni, né di essere YOLO o rassegnato, ma della possibilità di scegliere e di attribuire senso alle cose secondo paradigmi diversi da quelli del secolo scorso.
Il tema quindi è quello della comunicazione tra mondi diversi e mai come oggi lontanissimi, Secondo Giuseppe Venier, AD particolarmente illuminato di Umana, chi si occupa di mercato del lavoro deve concentrarsi sulla creazione di reti e di percorsi di dialogo efficaci. Tenendo conto che oggi la lòogmioca è quella orizzontale, non più verticale.
Uno dei problemi delle aziende oggi non sta solo nel reclutamento di nuove risorse, ma anche nella capacità di trattenere quelle che già ci sono. Il mercato del lavoro è diventato “irrequieto”, servono strategie di ingaggio nuove e più efficaci, che tengano conto di come oggi le persone leggono il loro tempo e stabiliscono le loro priorità.
Un esempio sia tutti: la possibilità di cercare una occupazione su una piattaforme su una dispositivo mobile genera per forza un diverso approccio al lavoro rispetto a sistemi oggi superati, tra cui l’annuncio sul giornale o la ricerca al centro per l’impiego. Si cerca lavoro scrollando sui siti di annunci come si creasse una casa, o un volo per le ferie o un video musicale da ascoltare. Il media in questo caso non genera solo il contenuto ma anche il valore a ciò che viene comunicato. E se i lavoro si trova “scrollando” sul telefono allora la comunicazione con chi lo cerca deve cambiare per forza, soprattutto in un paese dove i giovani sono e saranno sempre meno, con tutto ciò che ne deriva.
Il rapporto Gallup misura il livello di ingaggio e soddisfazione dei lavoratori nei paesi OCSE. Secondo il report del 2022, l’Italia è tra i paesi dove la maggior parte dei lavoratori non si trova bene nel luogo in cui lavora o vorrebbe cambiare.
L’Italia è anche il paese, caso unico tra i paesi OCSE, in cui gli stipendi non salgono da trent’anni. E sempre l’Italia è il paese con più NEET, giovani che non studiano e non lavorano e contemporaneamente il paese più vecchio dell’Europa, notoriamente il Vecchio Continente per antonomasia.
Il paradosso ha in realtà molte cause e molti effetti collaterali. Probabilmente rivela anche quella che ormai è una vera e propria transizione demografica in corso, forse tra le transizioni in corso la più insidiosa per la società del Belpaese.