Le previsioni economiche e finanziarie provenienti dagli USA non sono rosee per l’Italia ed i Paesi con un alto debito, ma la situazione può essere controllata. Quello che serve è un salto in avanti nella formazione.
Le più autorevoli istituzioni internazionali, i centri di ricerca indipendenti e gli uffici studi delle banche e degli asset manager americani sono unanimi: non sarà un 2023 semplice per l’economia europea e quella italiana, inflazione e scarsa crescita tra le principali ragioni. L’unica cosa su cui paiono in disaccordo è la portata dei danni a cui presto saremo esposti.
L’Italia in particolare a causa del suo mastodontico debito pubblico è uno degli Stati per cui più si temono gli effetti di questa crisi, anche se l’ipotesi default sembra ancora molto lontana. Qui in effetti la preoccupazione è molto meno percepita, anche negli ambienti degli addetti ai settori: il collocamento dei titoli di Stato non dovrebbe incontrare difficoltà perché sarà supportato dalle nostre principali istituzioni finanziarie, oramai solide, e dal nostro risparmio privato.
Quello che però preoccupa ad ogni longitudine è se il Belpaese sarà in grado, e come, di intraprendere finalmente una crescita sostenibile, sostenuta e duratura. I 200 miliardi del PNRR sono senz’altro una manna, ma sarà la qualità degli investimenti che proverranno da questi fondi a fare davvero la differenza.
Per evitare disastri andrà tenuta fortemente in conto l’innovazione tecnologica che dovrà necessariamente essere il faro ed il fine della nuova crescita. Solo imponendosi tra i principali attori dell’ecosistema innovativo europeo l’Italia potrà finalmente scacciare i fantasmi di una crisi le cui ombre oscurano tutt’ora l’orizzonte.
Un altro fattore fondamentale su cui investire sarà senza dubbio la formazione. Le intelligenze artificiali e più in generale le nuove tecnologie si nutrono di posti di lavoro che richiedano scarse qualifiche, creando ancora più squilibri sociali e tensioni. L’unico modo per evitare conseguenze drammatiche è agire con prontezza e potenziare drasticamente il panorama della formazione italiana. Le basi ci sono e si possono rintracciare in università, centri di ricerca e numerose importanti aziende. Non basta, sarà necessario anche muoversi con prontezza a livello legislativo ed amministrativo per permettere una costante evoluzione della formazione della forza lavoro: d’altronde è noto che “chi si ferma è perduto”.