Presso la Sala della Regina di Montecitorio il presidente dell’Istituto di statistica Francesco Maria Chelli hapresentato il Rapporto annuale-La situazione del Paese. «Da 31 anni, il Rapporto dell’Istat propone, attraverso dati e analisi puntuali, un ritratto dell’Italia. In questo ritratto, si scorgono oggi nuove opportunità di crescita e di benessere e, allo stesso tempo, non trascurabili elementi di crisi e incertezza. Il periodo che abbiamo alle spalle non è stato, certo, facile. Il Paese è stato messo a dura prova dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica che ne è seguita», spiega Chelli.
Molte disuguaglianze a livello economico, sociale e territoriale si sono aggravate. Nell’ultimo biennio, altri fronti di crisi si sono sovrapposti: la guerra in Ucraina, le tensioni a livello internazionale, la crisi energetica e il ritorno dell’inflazione. Si tratta di fattori che hanno condizionato la ripresa dell’economia e accresciuto il disorientamento delle famiglie e l’incertezza per le imprese. Eppure, l’Italia ha mostrato una considerevole capacità di resilienza e reazione. È in questo quadro che il Rapporto dà conto delle trasformazioni demografiche, sociali, economiche e ambientali che hanno caratterizzato il nostro Paese negli ultimi anni. Per misurarsi con la complessità del presente, e per garantire uno sviluppo più equilibrato, sostenibile e inclusivo, è necessario, del resto, conoscere le interconnessioni che si stabiliscono tra tali trasformazioni e che incidono sul tessuto produttivo e sociale con modalità e velocità differenti. «In questa edizione, in particolare, abbiamo voluto mettere in primo piano i giovani, come risorsa da valorizzare e potenziale da non disperdere per costruire un futuro coerente con gli obiettivi di sviluppo che ho appena richiamato», aggiunge il presidente dell’Istat.
Giovani vulnerabili e lontani dal benessere. Nel 2022 quasi un giovane su due (47,7 per cento dei 18-34 enni) mostra almeno un segnale di deprivazione in uno dei domini chiave del benessere (Istruzione e Lavoro, Coesione sociale, Salute, Benessere soggettivo, Territorio). Di questi giovani oltre 1,6 milioni (pari al 15,5% dei 18-34enni), sono multi-deprivati ovvero mostrano segnali di deprivazione in almeno due domini. I livelli di deprivazione e multi-deprivazione sono sistematicamente più alti nella fascia di età 25-34 anni, che risulta la più vulnerabile. La crisi pandemica ha esercitato i suoi effetti negativi rispetto alla maggioranza dei domini, ma un impatto particolarmente intenso lo ha prodotto nel dominio Istruzione e Lavoro; anche se nel complesso i livelli pre-Covid sono stati recuperati, la ripresa non riguarda il segmento dei più giovani (18-24), i quali, nonostante siano caratterizzati da livelli più bassi di deprivazione rispetto ai 25-34 anni (17,2% contro il 22,3%), hanno risentito degli effetti negativi in modo più intenso e duraturo. Per mettere le nuove generazioni in grado di affrontare positivamente i cambiamenti in atto, e per prevenire l’insorgere di situazioni di vulnerabilità, sottolinea l’Istat, è necessario garantire a tutti bambini fin dalla nascita livelli di benessere che consentano un adeguato livello di sviluppo fisico, cognitivo, emotivo e relazionale. Questo obiettivo va perseguito incidendo sui contesti di vita dei bambini e sulle opportunità educative, formative, culturali e di socializzazione a cui sono esposti. Inoltre, è fondamentale che queste opportunità siano caratterizzate da equità di accesso, riducendo, per quanto possibile, l’influenza dei contesti, non solo familiari, di appartenenza. Quest’ultimo aspetto è determinante per poter sottrarre i minori dal circolo vizioso della povertà e alle sue conseguenze sui percorsi di vita individuali. In Italia la trasmissione intergenerazionale delle condizioni di vita sfavorevoli è particolarmente intensa. Gli ultimi dati disponibili per la comparazione a livello europeo si riferiscono al 2019 e ci dicono che nel nostro Paese quasi un terzo degli adulti (25-49 anni) a rischio di povertà proviene da famiglie che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria.
NEET oltre sette punti in più rispetto alla media europea. In Italia, nel 2022 quasi un quinto dei giovani tra i 15 e i 29 anni non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione. Il tasso italiano di Neet è di oltre sette punti percentuali superiore a quello medio europeo e, nell’Unione Europea, secondo solo alla Romania. Il fenomeno interessa in misura maggiore le ragazze (20,5%) e, soprattutto, i residenti nelle regioni del Mezzogiorno (27,9%) e gli stranieri, che presentano un tasso (28,8%) superiore a quello degli italiani di quasi 11 punti percentuali; questa distanza raddoppia nel caso delle ragazze straniere, per le quali il tasso sfiora il 38%.
Qui il link alla sintesi integrale del Rapporto.