Non è stato un weekend semplice questo per l’Agcom, il Garante per le Comunicazioni in Italia, il cui scudo anti-pirateria, che continua a raccogliere scarsi risultati, ha oscurato per alcune ore Google Drive, piattaforma usata da moltissimi italiani per l’archiviazione e la condivisione dei propri file in Cloud.
Sui social sono immediatamente esplosi sfottò e lamentele contro un servizio che, per quanto sia stato concepito per far rispettare la legalità e i diritti dei detentori di copyright, è profondamente impopolare, anche a causa dei continui aumenti di prezzo del principale detentore dei diritti della Serie A, DAZN, che hanno portato moltissimi clienti addirittura a disdire l’abbonamento. Ora, aldilà dell’errore grossolano che ha portato al temporaneo oscuramento del colosso americano, sulla questione della pirateria c’è ben poco da discutere: se si è interessati ad un bene o ad un servizio è necessario pagarlo, senza eccezioni. C’è un però. Va infatti detto che questa regola ha senso nell’ambito di un mercato libero e regolamentato che permette, quantomeno nella teoria, all’utente di scegliere a chi rivolgersi per soddisfare un proprio bisogno, che può essere basilare come il cibo o del tutto accessorio come vedere una partita in tv. Nel caso dello streaming o della fruizione via satellite delle partite di calcio è evidente come invece non sia possibile per l’utente alcuna scelta: se si desidera guardare i match in diretta non resta che abbonarsi a DAZN perché detiene l’esclusiva per i diritti di trasmissione. Oltre il danno la beffa, un abbonamento a DAZN non è nemmeno sufficiente per guardare tutte le partite perché per vedere la Champions League occorrono 2 ulteriori abbonamenti, a Sky e a Prime Video. Un costo davvero eccessivo, sfiora i 100 euro al mese, per seguire la propria squadra del cuore. Una dinamica simile, invero, vale anche per film e serie tv, ma non mancano servizi di streaming che si facciano concorrenza tra loro, sforzandosi di venire incontro al consumatore per farsi preferire ai rivali e proponendo prodotti diversi ma validi. Sono i due prodotti ad essere diversi, infatti le partite sono decisamente meno interscambiabili dei film nella mente di un tifoso e la loro visione perde ogni senso se posticipata.
Data l’unicità delle partite è evidente che assegnarle in esclusiva ad un unico emittente porti alla creazione di un piccolo monopolio, mitigato dalla temporaneità dei diritti tv, che rende molto complessa una forma di “contrattazione” da parte dei consumatori e di conseguenza accresce l’acredine nei confronti di chi eroga il servizio.
Sfortunatamente non è affatto semplice trovare una soluzione al problema che possa accontentare tutti. La Lega Serie A e DAZN hanno infatti tutto l’interesse che i diritti restino esclusivi per un singolo emittente. Il primo ci guadagna potendo chiedere cifre più alte di quanto potrebbe chiedere a diversi rivenditori senza l’esclusiva e DAZN non deve temere alcun tipo di concorrenza legale. A questo punto però viene da chiedersi perché due aziende private dovrebbero essere privilegiate rispetto alla collettività, anche considerando che, aldilà di episodi incresciosi di cui si sente parlare troppo spesso, il calcio in quanto sport è parte del patrimonio culturale del nostro Paese e, si sa, gli italiani vivono di calcio.
Spetterà chiaramente allo Stato dare risposte in merito ai suoi cittadini, ammesso che ne abbia.