Il rapporto DESI (Digital Economy and Society Index) illustra la situazione a livello europeo per quanto concerne il settore digitale, con un focus particolare sulla scuola; sull’Italia pesa il problema delle infrastrutture.
Che la scuola italiana abbia bisogno di innovazione è una criticità evidente sin dai tempi della Riforma Gelmini e, nonostante la grossa spinta verso il digitale promossa dal COVID 19, restano ancora molti gli ostacoli da superare. Tra i maggiori spiccano una scarsa competenza nel settore del comparto docenti, ed in generale del personale addetto, e la carenza di infrastrutture all’avanguardia, oltre alle solite lungaggini burocratiche.
Un problema che accomuna comunque quasi tutti gli stati membri dell’Unione Europea, nonostante i nordici siano decisamente più avanti sulla questione, infatti l’adozione di tecnologie digitali avanzate come l’intelligenza artificiale e i Big Data rimane al di sotto del 30%: così anche in queste aree l’obiettivo di digitalizzazione al 75% del decennio digitale del 2030 appare lontano.
In ogni caso l’Italia con uno score di 49,3 punti si colloca 3 punti al di sotto dei 52,3 di media europea.
Ancora più preoccupante è il dato di DESI secondo cui quasi 1 europeo su 2 non possiederebbe competenze informatiche di base. Un problema che non può che ripercuotersi sull’ecosistema degli impieghi ICT: nonostante 500mila nuovi ingressi sul mercato del lavoro di addetti al settore, l’obiettivo 20 milioni da raggiungere per il 2030 quasi non sembra realistico.
A defilarsi da questo rapporto negativo sul nostro Continente sono solo Estonia e Finlandia. In Estonia la copertura di rete arriva al 99% e tutte le attività, comprese anche quelle con la Pubblica Amministrazione, si possono svolgere on-line, anche a scuola. Lo stesso si può dire della Finlandia, che già nel 2019 vantava di essere il Paese più digitalizzato d’Europa. I peggiori invece sono i soliti Grecia, Romania e Bulgaria.