Ha fatto scalpore l’uscita dell’eclettico miliardario Elon Musk sull’Italia: “Italy is diseppearing”. Ma non è il solo a parlare di un problema troppo poco sentito dall’opinione pubblica.
La significativa diminuzione delle nascite, progressivamente aumentata in Italia negli ultimi decenni, rappresenta una delle problematiche più gravi ed urgenti da affrontare. In tempi brevi, infatti, potrebbe mettere in profonda crisi il futuro ed il mantenimento dello stato sociale, motivo per cui deve essere un tema prioritario nell’agenda delle forze politiche e del governo del nostro Paese. Già lo scorso anno sempre Musk aveva commentato: “Il collasso della popolazione è la maggiore minaccia alla civilizzazione”. In Italia stiamo assistendo a un cambiamento demografico senza precedenti. Si sta accentuando l’invecchiamento della popolazione, causata dall’allungamento della vita media che, secondo gli ultimi dati dell’ISTAT del 2023 relativi al 2022, è per gli uomini di 80,5 anni e per le donne di 84,8 anni. Siamo il Paese più vecchio d’Europa e il secondo del mondo dopo il Giappone. Preoccupante in Italia è il rapporto tra natalità e mortalità: ci sono 7 neonati contro oltre 12 decessi ogni mille abitanti. Il primo gennaio del 2023 la popolazione italiana era pari 58 milioni e 851 mila, ovvero 179 mila persone in meno rispetto al 2022, pari a tre punti in meno. La debolezza demografica dell’Italia si traduce quindi in una debolezza economica e fragilità sociale.
Nonostante l’elevato numero di decessi, avvenuto negli ultimi tre anni con la pandemia Covid-19, all’inizio del 2023 la popolazione ultrasessantacinquenne, che raccoglie 14 milioni 177mila individui, rappresenta il 24,1 % della popolazione totale contro il 23,8% dell’anno precedente. Invece in diminuzione sono i ragazzi fino a 14 anni di età che scendono da 7 milioni 490mila (12,7%) a 7 milioni 334mila (12,5%).
L’invecchiamento della popolazione è associato ad una grave contrazione delle nascite. Nel 2022 sono nati solo 393 mila bambini, circa 184 mila in meno rispetto all’inizio della crisi economica del 2008 e meno della metà di quelli nati negli anni ’60, quando nascevano in Italia più di un milione di bambini ogni anno.
Numerosi e complessi sono i fattori che possono spiegare in Italia la denatalità. La diminuzione del numero delle potenziali mamme e la recente crisi economica sono tra le cause più rilevanti.
Per avere un rimpiazzo generazionale ogni coppia dovrebbe avere in media 2,1 figli. Dagli anni 70 in Italia ogni donna ha meno di 2 figli e dagli anni 80 meno di 1 figlio e mezzo. Nel 2022, secondo l’ISTAT, l’indice di fecondità (numero di bambini avuti per donna in età fertile, per convenzione tra 14 e 49 anni) ha raggiunto valori di 1,24 figli per donna. Questa ridotta fecondità, che perdura da molti decenni, ha diminuito il numero delle potenziali mamme e le numerose donne nate nel cosiddetto boom economico, tra i primi anni 60 e primi anni 70, hanno completato il loro ciclo riproduttivo. Le donne che le stanno sostituendo sono molto meno numerose e, di conseguenza, si prevede nei prossimi anni un’ulteriore diminuzione della natalità, salvo che non vengano introdotte adeguate politiche in difesa della famiglia come è avvenuto in altri Paesi europei. Il fenomeno della denatalità è molto più accentuato in Italia rispetto ad altri paesi avanzati.
La situazione è dunque sempre più complessa e scarseggiano le soluzioni all’orizzonte. Quel che è certo è che appoggiarsi a dei flussi migratori controllati e assimilabili è una soluzione solo a metà, ma almeno potrebbe rappresentare un inizio. Quello che sarebbe davvero fondamentale è aumentare le risorse a disposizione dei giovani, tra i più bistrattati d’Europa, che ormai non hanno praticamente in nessun caso la possibilità di crescere dignitosamente un figlio almeno sino ai 30 anni.
Fondamentale è anche la questione di maggiori incentivi dal punto di vista delle tasse e dei congedi parentali, anche per i papà. Una società che necessita del lavoro anche delle donne e non le rinchiude in casa al loro destino (cosa buona e giusta, ovviamente), dovrà necessariamente compensare l’assenza di una figura che si occupi di casa e figli, senza far ricadere questo peso eccessivamente su persone che spesso sono già oltremodo fiaccate da lavori poco retribuiti.
L’Occidente sembra faticare ad accorgersi delle conseguenze dell’assenza di una “matrona”, o peggio fa orecchie da mercante ad un problema non meno prioritario di una questione fondamentale come quella climatica; riuscirà a correggersi prima che sia troppo tardi?