I dati di Eurostat parlano chiaro: un cittadino dell’Unione Europea con disabilità ha il 10% in più di probabilità di trovarsi in una situazione di povertà od esclusione sociale rispetto ad un comune cittadino.
Un argomento da sempre molto discusso all’interno del dibattito politico dell’Unione Europea è proprio quello della povertà che, sfortunatamente, con l’allargarsi della forbice sociale non sembra un fenomeno destinato a sparire in tempi brevi (e pare molto arduo anche in tempi lunghi).
All’interno dell’UE in effetti 21,7% della popolazione vive in condizioni di rischio povertà ed esclusione sociale, non poco visto che parliamo di un abitante ogni cinque. La situazione però è ancora peggiore se si analizzano le condizioni dei portatori di handicap, la cui percentuale al di sotto della soglia reddituale minima per una vita decorosa sale al 29,7%, quasi un abitante su tre, contro il 18,8% dei cittadini privi di limitazioni fisiche.
Il fenomeno è riscontrabile oltretutto in ogni Stato Membro, seppur con numeri diversi: il divario assoluto più ampio tra le quote per le persone con e senza disabilità si è registrato in Irlanda (39,3% per le persone con disabilità rispetto al 14,6% per le persone senza disabilità, che corrisponde a una differenza di 24,7 punti percentuali ), seguita dalla Lettonia (41,2 % rispetto a 19,6%; 21,6 pp) e Lituania (38,9% rispetto a 17,8%; 21,1 pp). All’estremo opposto della scala, la differenza minore tra le quote di persone è stata registrata in Grecia (28,3% per le persone con disabilità rispetto al 27,4% per le persone senza disabilità; 0,9 pp), seguita dall’Italia (27,1% rispetto a 24,3%; 2,8 pp) e Finlandia (18,5% rispetto a 12,6%; 5,9 pp).
Non sembra dunque in questo campo collocarsi male l’Italia che vede scendere dal 10% della media EU al 3% la discriminante economica per i diversamente abili. Sfortunatamente la portata di questo dato di per sé positivo è fortemente limitata dal fatto che la percentuale della popolazione al di sotto della soglia di povertà in Italia sia al di sotto della media europea di 2,5 punti, non poco anche se non una cifra insormontabile. Un’occasione per riflettere sul nostro welfare e sulla necessità di migliorare ancora il nostro supporto a coloro che non riescono a provvedere a loro stessi con le proprie forze, ma soprattutto per capire come ridurre il loro numero. Senza lasciare indietro nessuno.