A quarant’anni dall’abbandono del nucleare l’Italia non ha ancora trovato un sito dove raccogliere i rifiuti radioattivi. Trino Vercellese è l’unico comune italiano a offrirsi per diventare il nuovo deposito nazionale di rifiuti nucleari: 78mila metri cubi di scorie radioattive a bassa e media intensità da ospitare e 17mila ad alta intensità da stoccare. Seppur situato in una zona che già conosce questo tipo di rifiuti, Trino Vercellese in passato non è stato ritenuto idoneo a tal fine. Oggi occorre una nuova valutazione ambientale.
In Italia sono 51 i siti ritenuti idonei da Sogin (società pubblica che gestisce lo smantellamento nucleare) a ospitare rifiuti nucleari, ma in questa occasione nessun sito ha inviato la propria candidatura. Il governo, conscio di tale indisponibilità, ha integrato al “Decreto energia” del dicembre scorso la possibilità di accettare auto-candidature. Unico a rispondere, con votazione unanime della giunta, è stato appunto Trino Vercellese. Alla scadenza delle auto-candidature, il 13 gennaio, il sindaco Daniele Pane comunica la disponibilità del comune al “Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza energetica” (Mase).
Il comune piemontese, abitato da meno di settemila persone, non rientra attualmente nella “Carta nazionale delle aree idonee” (Cnai) a causa delle caratteristiche del suo territorio. Secondo il geologo interpellato dalla giunta di Trino, infatti, vi sono falde affioranti e faglie deformabili in caso di terremoti che rendono inadatto il territorio alla costruzione dell’impianto nucleare. A ciò si aggiunge la presenza di boschi, paludi e risaie che avvalorano i motivi di esclusione. È insolita dunque la scelta comunale di accogliere le scorie, specie sapendo che tutte le altre regioni d’Italia le rifiutano categoricamente.
Secondo il sindaco di Trino sono questioni amministrative, e non di sicurezza, a frenare la partecipazione alla Cnai: “Siamo già sede di deposito temporaneo da decenni, avendo una centrale nucleare sul nostro territorio, con una superficie di 110 ettari destinata alle scorie. Tra Trino e Saluggia (altro comune nella provincia di Vercelli, ndr) deteniamo l’80% della radioattività italiana”. Pane ritiene che sia più conveniente destinare in un unico e definitivo luogo le scorie anziché pagare sanzioni all’Europa per la mancata messa in sicurezza del Paese.
A vent’anni esatti dalle “giornate di Scanzano”, ossia dalla protesta dei lucani contro l’arrivo di questi rifiuti, ancora non è chiara la posizione italiana in merito al nucleare. Il deposito, di cui l’Italia necessita, dovrebbe raccogliere sia i rifiuti delle ex centrali atomiche (spente a seguito del referendum del 1987) sia quelli della medicina nucleare, dell’industria e della ricerca. Il sindaco Pane vorrebbe inoltre rimettere in funzione la centrale che sorge sulle rive del Po per un ritorno economico (quali incentivi statali e posti di lavoro).
A opporsi alla politica pro-nucleare sono i comitati ambientalisti locali e tutti coloro che manifestano un certo timore. Nel frattempo Legambiente non ha espresso un’opinione univoca e il presidente della regione Piemonte, Alberto Cirio, non si è più di tanto esposto, specie a ridosso delle elezioni regionali dei prossimi mesi.
Attualmente si sa solamente come, ma non dove, costruire il deposito. Affinché l’impianto sia sicuro è necessario conservare i contenitori di metallo, carichi di scorie già processate nei siti di stoccaggio temporaneo, dentro a moduli di cemento, a loro volta inseriti in 90 costruzioni in calcestruzzo armato, coperte infine da una barriera di multistrato. Questo processo a matrioska serve a sigillare le scorie per 300 anni in 150 ettari.
Ciò che per ora è certo è che servirà diverso tempo per verificare l’impatto sull’ambiente ed eventuali nuove candidature. Nel frattempo 39 sindaci del Vercellese sono stati convocati in Provincia per discutere circa l’idoneità del luogo stesso. Ed è in dubbio che possa essere valutato positivamente.