Studente e lavoratore? Non in Italia. Nel Paese o si fa una cosa o si fa l’altra, e quando si sta sui libri a cercare lavoro non ci si pensa proprio. Lo rileva Eurostat, nel diffondere i dati sui giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni con un doppia vita, accademica e professionale. Se in media ad andare a scuola e in ufficio è una persona su quattro (25,7 per cento), in Italia questa quotidianità riguarda meno di un giovane su dieci (7,6 per cento). Penisola dunque 21esima nell’Ue per voglia o necessità di lavorare e studiare contemporaneamente.

Questione di pigrizia, questione culturale (i “nordici” tradizionalmente aiutano poco economicamente i propri figli dopo i 18 anni e le tasse universitarie sono molto più altre che in Italia), o semplice voglia di concentrarsi sullo studio per fare bene? I dati disponibili non mostrano un sistema Paese esempio d’eccellenza, visto che poi i giovani del Paese sono ultimi per lauree conseguite, quindi studiare e basta sembra una strategia non funzionante. O magari perché chi in Italia alla fine conclude il percorso di studi fa fatica a trovare un posto nel mercato del lavoro, e allora meglio entrarci prima, senza qualifiche.

Quale che sia la spiegazione, la differenza tra giovani uomini e donne d’Italia con i colleghi d’Europa si fa sentire. Soprattutto con coetanei di Paesi Bassi e Danimarca, dove studiare e lavorare allo stesso tempo è praticamente la regola (tasso, rispettivamente, del 74,5 per cento e 52,6 per cento).

Ad ogni modo c’è un filo rosso che lega tutti i giovani d’Europa, e cioè la propensione a cercare un impiego quando si è immatricolati o impegnati con l’istruzione secondaria. Il tasso di inattività (chi proprio non cerca) è sempre superiore a quello di disoccupazione (chi non ha un mestiere pur cercandolo). Basti pensare che i tassi di non occupazione più alti tra i giovani studenti si registrano in Svezia (13,8 per cento) e Finlandia (8,2 per cento).

Che si parli di Italia o di altri Stati membri, nell’Ue in linea generale emerge anche una differenza di genere nella dicotomia studio-lavoro: le donne sono quelle che studiano di più e lavorano di meno, mentre gli uomini studiano meno e lavorano di più. “Gli uomini hanno mostrato una minore partecipazione all’istruzione formale, in tutte le fasce d’età e in tutti gli stati occupazionali”, rileva l’istituto di statistica europeo. Allo stesso tempo, “in tutte le fasce d’età, gli uomini hanno mostrato una maggiore partecipazione alla forza lavoro”.